Scemo - Abisso

 

 
 
Gli Scemo sono un power trio lombardo (Bandcamp dice di Milano) che ci presanta "Abisso" seconda tape autoprodotta dopo "Caccia alle streghe" di qualche tempo fa. 

La velocità e la malmostosità sono le componenti essenziali di questa release rosa dalle coordinate hardcore classico, con delle derive fast mica da ridere.

In 6 minuti scarsi dispensando disagio, rabbia ed emotività con un piglio che ricorda Crash Box e Indigesti ma suonanti con l'isteria dei Los Crudos. Un approccio Less Is More in quanto nella line-up non è presente un bassista, ma il connubio corde altre+batteria mandata a 100000000000000 crea un efficace tappeto su cui Alessandra riversa dei testi che fanno del malessere la loro bandiera di cui il testo di Nausea è un buon rappresentante "Nulla nulla nulla da capogiro. nulla nulla nulla intorno a me. Nausea, un senso di abisso - non ci sto dentro. Nausea, un senso di abisso - dentro di me. E un nodo di serpi ben stretto in gola, nel petto." 

Un lavorao breve, rabbioso, consapevole e senza compromessi. Un lavoro hc.

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Scemo are a trio from Lombardy (bandcamp says Milan) who introduce us to "Abisso", the second self-produced tape after the "Caccia alle Streghe (witch hunt)" of some years ago. 
Speed and uneasuiness are the essential components of this pink tape with classic hardcore mainstays with fast core  tuoches  that are delivered in less than  6 minutes dispensing discomfort and anger with an approach similiar  of  italian icon like Crash Box and Indigesti forced to the hysteria driven sound of Los Crudos. A Less Is More approach as there is no bass player in the line-up, but the combination of guitar + drums sent at 666 mph creates an effective carpet on which Alessandra spit out lyrics that makes her hate evident their song Nausea is a good example "Void void void dizziness. Void void void around me. nausea, abyss - can't take it anymore. Nausea, abyss - inside of me.and a noose made of serpents tight in my throat, in my chest".
A short, angry, conscious and uncompromising Ep. An hc EP.

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INTERVISTA AI TENEBRA

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1) I Tenebra nascono nel 2017 e molti dei vostri componenti gravitano attorno alla scena punk hardcore bolognese o a generi più estremi. Da dove nasce la necessità di questo viaggio alla riscoperta delle radici settantiane della musica pesante?
Claudio: Musicalmente, l'hardcore, il punk, il metal, sono sottogeneri del rock. Fatto salvo certi esperimenti che, in qualche modo, sfociano nella musica d'avanguardia (basti pensare a Mick Harris dei Napalm Death) anche la musica estrema sfrutta in parte la teoria, la tecnica e la strumentazione che usava Chuck Berry. Tutto questo preambolo per dire che, prima o poi, se sei appassionato di musica, la curiosità di scoprire su cosa è nata la tua piccola sottocultura, ti viene. Poi, senza volere scadere nella retorica dei "grandi maestri", la cosa che secondo me affascina di più della musica anni '60 e '70 è che, dato che era un mondo in fieri, c' era una libertà musicale che, appunto, con i sottogeneri e le sottoculture, si è un po' persa. Ecco, a noi, suonare così ci dà il permesso di spaziare di più tra i generi di come potresti fare in ambiti più codificati.

2) Abbiamo avuto il piacere di vedervi live a Cagliari e di scambiare quattro chiacchiere con voi. Vorremmo tornare sull’interessante teoria di Emilio sulla connessione tra grunge e revival 70iano. Parlatecene qui.
Emilio: Premesso che "grunge" è un termine generico, penso che la cosa che avevano in comune i gruppi del "pacific northwest" fosse proprio l'essere partiti dal circuito DIY (almeno molti di quelle band) e avere poi preso ampiamente dal classic rock. I Nirvana hanno giocato con i Beatles, i Soundgarden venivano anche chiamati "Led Sabbath", i Mudhoney erano ossessionati dal garage locale, i Melvins pescavano a piene mani dal rifferama di Masters of Reality e i primi Screaming Trees avevano molto a che fare con la psichedelia acida di San Francisco.
Oggi è la norma, ma quella scena ha abbattuto definitivamente il tabù del punk nei confronti del rock precedente al punk, quello che, polemicamente, i punk inglesi chiamavano “dinosaur music”. Non sono stati gli unici, il rock underground americano ribolliva di questa ibridazione dai primi '80, ma furono quelli che lo fecero definitivamente.


3) Tornando sull’argomento live e vibes legate al vostro concerto, concordiamo nell’affermare che siano state molto punk con un live serratissimo e senza momenti morti. Quanto c’è di conscio e di inconscio in questa scelta? Ci sono ancora delle realtà punk hardcore che meritano una menzione?
Emilio: Il fatto è che a Silvia non piace molto parlare ed è l’unica col microfono in mano!
A parte gli scherzi, è una cosa voluta, ci piace che nella setlist i pezzi si compenetrino l’uno nell’altro: in questo modo riusciamo a suonare una o due canzoni in più.
Almeno personalmente ai concerti mi piace andare ad ascoltare la musica e francamente tra i social e le interviste ogni band ha enorme spazio per esprimere le proprie opinioni. A me poi il declama politico al concerto mi è sempre sembrato un po’ svilente rispetto all’argomento trattato, perché diventa parte dello show, diventa spettacolo e penso che mai come adesso la politica, a tutti i livelli, avrebbe bisogno di una forte dose di serietà.
Ci sono ancora tantissime band punk, hardcore e “mutanti”, ma comunque legate al DIY, validissime: I Marnero, i Lleroy, le Hyle, Call The Cops, Methedrine, Cancer Spreading, Fanteria di Prima Linea, Antares… E la lista potrebbe continuare per giorni.
Poi c’è il fatto che il circuito punk/diy, di fatto, in Italia, rappresenta l’underground nella sua totalità. È l’unica realtà che offre spazi dove suonare pure per chi è alle primissime armi e una rete di contatti, ma anche di competenze (etichette, promoter, grafici) di buon livello. Se esiste un underground popolato, qui da noi, lo si deve al punk hardcore

4) MoonGazer è davvero un disco interessante, che riesce a catturare quel senso di liminalità di bands proto-metal come May Blitz, Jerusalem e Wishbone Ash, tra astrazione prog e muscolarità blues, dipingendo degli scenari conosciuti ma al tempo stesso intimi. Volete raccontarci come è stato registrato e concepito? Una menzione speciale va alla cover art di Marcello Crescenzi, che ricorda una versione aliena di Winsor Mcay cosi come il layout curato dal vostro batterista Mesca, anche nel precedente GEN NERO c’era il vostro zampino grafico. Oltre alla storia sonora raccontateci, anche la storia visiva dei Tenebra.
Mesca: Beh, intanto grazie!
Il disco è stato scritto, al 70%, prima della pandemia, poi purtroppo è iniziato il covid e gli ultimi 3 pezzi li abbiamo composti palleggiandoci qualche demo via email. Le registrazioni delle tracce base, basso, chitarra e batteria, sono avvenute in presa diretta, durante il primo allentamento delle restrizioni, in 4 giorni, in uno studiolo qua sull’appennino vicino Bologna. Gli overdubs e le voci li abbiamo fatti schivando altri periodi di distanziamento sociale, un po’ in sala prove, un po’ nell’home studio di Emilio, che ha gestito tutte le sessioni. Insomma è stata una gestazione un po’ travagliata, che però ci ha dato modo di avere molto tempo per arricchire gli arrangiamenti e inserire qualche ospite, tra cui voglio citare Gary Lee Conner degli Screaming Trees che fa un assolo di chitarra su Moon Maiden.
Marcello è un amico da sempre, realizzò anche una copertina per un altro mio gruppo, gli ED, tanti anni fa. È stata una scelta naturale perché oltre ad essere bravissimo ha avuto un’evoluzione piuttosto simile alla nostra: dal punk al classic/hard rock e quindi volevamo che fosse della partita.
Sia io che Emilio, di mestiere, ci occupiamo di grafica, anche se lui è più spostato verso i video, infatti ha realizzato quattro clip per la band.
Non credo esistano delle linee guida precise per l’immagine della band, semplicemente mischiamo le cose che ci piacciono: un po’ di temi oscuri, un po’ di psichedelia, l’amore per il liberty (quanto bel liberty che avete a Cagliari!), la pasta fotografica del Super8. Credo ci piaccia così: essere un po’ un mix di cose, anche nel modo di vestire secondo me si vede


5) La domanda signature di xUndisputed Attitudex: prendete i 5 (o più) dischi che vi rappresentano e scriveteci due righe su ognuno.
(risposta collettiva)

  • Jerusalem - S/T: perché è un disco grezzo, con un songwriting acerbo, ma delle melodie indimenticabili.
  • King Crimson - Red: Qui il songwriting è maturissimo, ma rimangono le melodie e le armonie stellari: un disco che ti prende per mano e ti porta via.
  • Bad Brains - Roir Tape: Perché demolisce il luogo comune che nel punk non si sapesse suonare.
  • Skip James - Today!: Qui Skip, oramai sessantenne, rilegge il suo repertorio con la classe e la maturità di un adulto, ma con una verve completamente luciferina: commovente.
  • Roky Erickson - The Evil One Plus One: Perché è il disco di un hippy che si misura con i suoi demoni, finendo per fare un album super heavy ("Night of the Vampire" l’hanno coverizzata pure gli Entombed) e perché Roky spaccava tutto.

6) Il vostro EP “What We Do is Sacred” si chiude con la mitica “Primitive Man” dei Jerusalem. Di tutto questo filone proto-metal cosa vi colpisce e cosa vi porta a riscoprire un disco magari sottovalutato?
Claudio: Come si diceva poco sopra, in particolare, l’unico disco dei Jerusalem è interessante perché è la fotografia di una band per certi versi ancora acerba, ma con tante idee ed energia da mettere sul tavolo. Quell’album è sostanzialmente l’antitesi di come viene fatta la musica oggi: la scrittura è grezza, ma potente, ci sono un sacco di imprecisioni, il suono è poco rifinito, ma le canzoni sono potenti e ti rimangono in testa. Ecco, a me il rock piace così, quando sento che un disco è super editato e iperprodotto è come se togliessero la linfa vitale alla musica. A cavallo tra anni ‘60 e ‘70, anche per motivazioni tecniche, i dischi suonavano molto più selvaggi e diretti e, almeno per me, questo è uno degli aspetti che preferisco di quella stagione.


7) Il doom, il rock di matrice settantiana e lo stoner sembrano vivere una seconda vita e anche in Italia sono in ascesa gruppi come i Messa, Ossuary o realtà affermate come Black Capricorn o Doomraiser. Come vedete questo nuovo interesse per generi che venivano chiamati “scontati “ fino a qualche anno fa?

Mesca: Secondo me, al di là del genere che si suona, contano le canzoni e la musica. I gruppi che citi scrivono buona musica. Poi le mode sono cicliche, quando esplose il primo stoner rock, ad inizio anni ‘90, con gruppi come Kyuss, Fu Manchu e Sleep un sacco di gente storceva il naso perché lo trovavano un fenomeno prettamente revivalistico, eppure tutte le band che ho citato sono, ancora oggi, fenomeni assolutamente di culto. Il fatto è che la loro musica è buona e schietta e questa cosa vale sia che suoni con il Marshall a 11, sia che tu esegua il tuo repertorio con un pianoforte.

8) Bologna era “la città più libera del mondo”, ma ultimamente chi ci vive sembra dare un’immagine di una città tarlata dalla gentrificazione e difficilmente vivibile, oltre che svuotata di quella dinamica antagonista che era il suo marchio di fabbrica. Voi che Bologna avete vissuto e che Bologna state vivendo?
Emilio: Bologna è una città molto cambiata negli ultimi dieci anni. Le amministrazioni locali hanno optato per renderla un salottino turistico mordi e fuggi e quindi di “ripulirla” di qualsiasi elemento che potesse incrinare la superficie della città/vetrina.
Purtroppo, tutta una serie di tipologie di luoghi che avevano reso Bologna culturalmente rilevante a livello internazionale (per dire, ad Atlantide Occupata, un posto a noi molto caro, un sacco di band straniere, anche grosse, pretendevano di fare una data dei loro tour, perché spaccava così tanto), sono stati prima lungamente osteggiati, poi sgomberati.
D’altronde cosa si può pretendere da un sindaco che inaugura orgogliosamente la mostra delle sculture kitsch della moglie di Marco Di Vaio (un ex giocatore, poi dirigente del Bologna calcio) e che si fa fotografare felicemente con influencer da quattro soldi?
Poi intendiamoci, la città è ancora molto viva, i club, anche piccoli ed economici, ci sono, ma quelle infrastrutture creative che erano potenzialmente alla portata di tutti sono scomparse. Rimane la gente in gamba, finché dura.


9) In “Moongazer” sono assenti i testi, mentre i titoli delle canzoni sembrano rimandare a delle tematiche spaziali o quasi extracorporee. Vi va di raccontarci l’immaginario dei Tenebra, che sembra slegarsi molto dall’immaginario zolfo e fiamme tipico di un certo filone?
Silvia: I testi trattano principalmente di cose personali e di sensazioni, anche se magari rappresentate in maniera allegorica. Li scrivo con un occhio rivolto a quando verranno suonati dal vivo, alle emozioni che potranno trasmettermi quando sarò sul palco. Molti dei riferimenti vengono da autori anglofoni a cavallo tra XVIII e XIX secolo come Percy Shelley, William Blake, Charlotte Perkins Gilman e molti altri.Parte dell’ispirazione arriva anche da certi pamphlet e volantini anni ‘60 e ‘70 che ho trovato nei mercatini dell’usato. L’occultismo propriamente detto non fa parte del mio immaginario. Visivamente abbiamo usato spesso un panorama esoterico, che si rifà alle stampe del XVI secolo, però non ci riteniamo per niente una band “occult”, anzi, tutto sommato, siamo persone abbastanza illuministe, scientifiche direi!

10) Consigliateci un po’ di band vostre amiche che ci siamo persi.
Mesca: Già la nostra sala prove è un ottimo ricettacolo di super band. Ci sono i Chow, gli Shrieking Demons, i WasteCult. Poi ci sono tutte le “altre” band in cui suoniamo, io con Horror Vacui ed Ed, Claudio con gli Assumption.
Sempre del giro Assumption/Giorgio Trombino ci sono i Bottomless e i Becerus.
Poi mi vengono in mente band con le quali abbiamo suonato, tipo gli Hemp e i Fakir Thongs. Poi i già nominati Marnero, Lleroy, Antares. Poi la smetto qui perché se no finiamo domani!

11) Spazio libero. Grazie per il vostro tempo!
Silvia: Grazie a voi per questa intervista! Ci è piaciuto molto suonare in Sardegna, speriamo ci sia occasione di tornare prima o poi!


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Tenebra - Moongazer

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Moongazer è il secondo disco dei Tenebra combo bolognese fautore di un occult rock 70iano e bluseggiante che irradia di una luce stellare, il che è un ossimoro insito nel monicker stesso della band. Registato a cavallo tra un lockdown e l'altro, questo Moongazer si attesta sui lidi classici di 40 minuti rock e riprende l'abitudine selvaggia di confinare con prog con il blues e la psichedelia. Un caledoscopio Jodorowskiano dove si staglia la voce di Silvia, front woman dalle grandi doti espressive con un tono profondo e vibrante che sa far vivere viaggi stellari su cieli scuri e distanti con quell'anima che manca a tanti (troppi) vocalist che si cimentano in generi simili. Il lavoro vanta 9 tracce estremante organiche e ben amalgamate tra loro che vedono la partecipazione di  Gary Lee Conner degli Screaming Trees sull'assolo dell'ormai mitica Moon Maiden brano di chiusura del disco che con il suo intro groovegiante di basso chiosa su un lavoro molto maturo e lontano dall'essere di riporto. Abbiamo visto la band dal vivo e difficilmente ci è capitato di vedere un gruppo che suona così bene insieme ed appare così coeso, tenendoti sotto scacco per tutto un set. Se ti piace il rock, non hai un solo buon motivo per non ascoltarli.

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Moongazer is the second album by the Bolognese combo Tenebra, delivering a crystal obelix of 70's and bluse-esque occult rock that radiates a starlight that is an oxymoron inherent in the band's monicker itself (Tenebra means Darkness). Recorded between one lockdown and another, Moongazer sticks to the classic lenght of 40 minutes of rock that takes up the wild habit of bordering proggy landscapes, bluesy mood and psychedelia. A Jodorowskian kaleidoscope embellished by the voice of Silvia, a front woman with great expressive skills and with a deep and vibrant tone that knows how to make the listener travel through the  stars on dark and distant skies showing the soul that is missing in many (too many) vocalists who try  similar genres. The work presents 9 extremely organic tracks and well blended together and with the participation of Gary Lee Conner of the Screaming Trees on the solo of the istant classic Moon Maiden, the closing track of the recird which, with its groovy bass intro, ends a very mature work far from being a copycat. We've seen the band live and we've hardly ever seen a band that plays so well together and keeps you in awake for a whole set. If you like rock it makes no sense that you're not into this band.


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OUTLAST - ST

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"L'Eroina è merda che sa di vaniglia" lo diceva un poeta che si muoveva verso ben altri lidi rispetto a quelli degli Outlast, che discendono verso un girone dantesco di negatività, fatto di ritmi cadenzati e chitarre downtuned. 

Figli di quel suono sludge degli Eyehategod, che sono sicuramente il punto di ispirazione più prossimo per definire la band, questi tre "dopefiend" cagliaritani pescano a piene mani pure da Iron Monkey, Grief, Dystopia e Buzzoven.

Violente ripetizioni di nenie distorte e dolorose che fanno da tappeto a grida e lamenti di chi si è accorto che la vita è un inganno e non c'è salvezza. La consapevolezza di chi ha perso galleggia tra i feedback di questa band e ci ricorda che la miseria ci sta a pochi centimetri di distanza, e spesso la guardiamo nel cesso del nostro bagno ogni giorno. 

C'è spazio anche per qualche sparuto scatto di velocità come a ricordarci che chitarra e batteria vengono dagli Abduction (Elvio Corona e Matt Defraia). La voce e il basso, invece, sono affidati a Ricky (ex K19 e Tested to Destruction). 

La registrazione, effetuata ai mitici V-studio da Villy Cocco e dallo stesso Elvio, ottenendo un lavoro che in ogni aspetto è solido e si piazza bene in vista nell'underground isolano e non.

Cagliari dimostra ancora di avere una scena che non ha nulla da invidiare a posti più blasonati.

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"Heroin is vanilla flavoured shit" said an immortal  italin rapper italy aniway rap is not the game of the band called Outlast, who descend towards a Dantesque circle of negativity made of slowed rhythms and downtuned guitars.

Heralds of the sludge sound tha made Eyehategod famous and the are surely the closest point of inspiration to define the band these three "dopefiend" from Cagliari which take cloise inspirations from combos like Iron Monkey, Grief, Dystopia and Buzzoven. 

Violent repetitions of distorted and painful lullabies that are the base for cries and moans of those who have noticed that life is a deceptive and there is no salvation. the awareness of those who have lost everything  floats among the feedbacks of this band and reminds us that misery is a few steps away and we often look at it in the mirror of our bathroom every day. 

There is also room for some small outbursts of speed that remarks  that guitar and drums come from the thrash space marauders Abduction (Elvio Corona and Matt Defraia) the voice and bass instead are butchered by Ricky (ex K19 and Tested to Destruction).

The recording took place in the  legendary V-studios by Villy Cocco and Elvio himself, obtaining a sound that is solid in every aspect crafting a very crushing and punishing record that will leave no mercy.

Cagliari proves to have a scene that has nothing to envy to more famous places

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INTERVISTA THE UNBORN

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1) I The Unborn sono un branco di killers mascherati devoti all’oi, allucinati dai film horror di serie B e dai Video Nasties. Come nasce l’idea di una band dedicata a queste tematiche? Raccontateci la vostra storia.

L’idea è nata proprio dal nostro amore sia per l’horror sia per la musica street punk e Oi! Inoltre, siamo persone piuttosto motivate dal punto di vista politico, e visto che il cinema del terrore vanta un bel repertorio di film dal contenuto politico o quantomeno sociale, ci è sembrata una buona idea fondere queste nostre passioni. Ci piace l’uso della metafora e in genere non impazziamo per gli slogan urlati, perciò preferiamo ricalcare l’approccio di film come Hanno cambiato faccia (1971) di Corrado Farina ed Ecologia del delitto (1971) aka Reazione a catena di Mario Bava, che intrattengono e trasmettono dei messaggi importanti, senza annoiare.

2) C’è il vostro SLASHER (street punk anthems), uscito ormai da qualche tempo ma ancora sporco di resti umani. Raccontateci di queste 12 tracce che grondano violenza e cori da sottopalco violento!

Slasher – Street Punk Anthems è uscito alla fine del 2019. Non appena abbiamo iniziato il tour di promozione, il mondo si è fermato a causa della pandemia, per cui abbiamo potuto fare una sola data tra quelle previste. Nonostante questo, il disco è andato bene e siamo molto fieri dei risultati. Si tratta del nostro unico album, che molto probabilmente rimarrà tale, visto che preferiamo formati come il singolo o l’EP, o al limite il MLP. Slasher è un tributo allo slasher e al giallo all’italiana – a cui il sottogenere slasher deve molto – e anche nella grafica abbiamo voluto rendere omaggio sia a questi filoni cinematografici sia alle nostre passioni musicali e sottoculturali, visto che sia il titolo che la copertina fanno il verso all’album A Way of Life – Skinhead Anthems (1982) dei Last Resort, mentre il finto catalogo di capi d’abbigliamento a tema horror che trovate all’interno è una parodia del catalogo dello storico negozio londinese The Last Resort, da cui deriva il nome della band in questione. Le parti grafiche sono state realizzate da Alessandro Aloe (Moriarty Graphics), con layout di Crombie Media. Alessandro è un amico e collaborare di vecchia data, infatti aveva già realizzato la copertina del nostro singolo di debutto, Obey (2017).

3) Di recente avete fatto uscire un nuovo singolo intitolato "Visitatori". Parlatecene.

Il singolo è stato prodotto da Crombie Media e la parte grafica è ancora una volta di Alessandro Aloe. Si tratta di due brani (la title-track e Quinta colonna) ispirati al franchise Visitors di Kenneth Johnson e alla gestione autoritaria e scriteriata della pandemia, che in quasi tutte le parti del mondo ha aumentato il divario tra le classi subalterne e quelle dominanti. Se i governi avessero a cuore gli strati meno abbienti della popolazione, probabilmente avrebbero fatto dei passi indietro su come la sanità pubblica è stata gestita negli ultimi decenni, e invece hanno puntato tutto sulla repressione. Quando stavamo ancora lavorando al singolo, sono aumentate le tensioni tra Russia da un lato e Ucraina, Unione Europea e Nato dall’altro, e infatti Visitatori parla anche dello scontro tra grandi potenze a discapito delle classi popolari. Lo stesso Visitors parlava di un eventuale sbocco militare della guerra fredda e del rischio di un’involuzione delle democrazie occidentali: tutto ciò sta purtroppo accadendo sotto i nostri occhi. Visitatori è per il momento disponibile solo in digitale, ma uscirà una versione su cassetta prima della fine dell’anno, sempre per Crombie Media.

4) È evidente la vostra passione per il cinema di genere: nei vostri pezzi vengono citati molti grandi registi come Romero, Cronenberg, Barker, Argento, Bava, Farina, Carpenter… e potremmo andare avanti all’infinto! Quali sono i vostri film preferiti (di genere e non)?

Non ci piacciono molto le liste dei preferiti, perché cambiano a seconda dello stato d’animo e si rischia sempre di dimenticare qualcosa. I film a cui abbiamo dedicato dei pezzi sono indubbiamente tra quelli che amiamo di più, ma ce ne sono molti altri.

5) Riallacciandoci alla domanda precedente, come vedete il panorama horror contemporaneo? Sembra che ci siano registi con idee molto attuali (Peele con il suo Get Out, Mitchel con It Follows, Aster con Hereditary) che portano il genere al suo impatto originale, con un’attenzione particolare ai temi sociali. Dall’altra parte troviamo film come l’IT di Muschietti, che sono non proprio imperdibili e abbastanza vuoti. Voi cosa ne pensate e dove vi collocate?

L’horror degli ultimi anni ci interessa moltissimo, proprio per via dell’influenza esercitata da alcuni film da te citati, ai quali vanno aggiunti almeno Babadook (2014) e The Witch (2015). Purtroppo questo filone sta perdendo qualche colpo per via dell’approccio liberal di alcuni registi, che a dispetto del voler trasmettere messaggi sociali, risultano per l’appunto piuttosto vuoti. Il recente rifacimento di Candyman – Terrore dietro lo specchio (1992), intitolato semplicemente Candyman (2021), fa parte di quest’ultima corrente: tocca argomenti importanti senza scavare a fondo ed evitando una critica radicale alla società. Visto che Peele è stato coinvolto nella produzione, ci saremmo aspettati qualcosa di meglio. Alcuni registi e produttori credono che per fare un film al passo coi tempi sia sufficiente inserire personaggi appartenenti a minoranze etniche, oppure omosessuali, ma questo approccio rappresenta un contentino per le categorie in questione. Si tratta di approccio morbido vòlto a far cassa, che non mira certo a cambiare dalle fondamenta una società malata che si nutre di discriminazioni basate sul colore della pelle oppure sul genere o sull’orientamento sessuale. Per quanto riguarda il remake di IT hai perfettamente ragione: è un lavoro molto curato ma sostanzialmente inutile. Non siamo contro i rifacimenti, i seguiti e i reboot, ma questi dovrebbero aggiungere qualcosa all’originale, altrimenti non ne vediamo il senso.

6) Diteci 5 o più dischi che vi hanno influenzato, con una piccola descrizione per ciascuno di essi.

La risposta è più o meno quella relativa ai film preferiti: un elenco di dischi influenti sarebbe parziale e poco significativo. Diciamo che ci hanno influenzato molto i gruppi Oi! più onesti e creativi, come ad esempio i Blood, mentre l’horror punk è un’influenza secondaria. Ci piacciono alcuni filoni dell’hardcore, come il NYHC, e ovviamente il punk rock di band come i Damned, anche loro molto devoti all’horror. Tuttavia, non crediamo di essere stati influenzati da alcuni dischi o formazioni in particolare.

7) Il vostro look nelle foto delle sembra essere particolarmente influenzato dal killer de “La città che aveva paura”. Casualità o citazione? Le maschere dei live, i più classici balaclava, avranno un’evoluzione o vi sentite a posto così?

Si tratta di una citazione voluta. Dal vivo preferiamo il passamontagna per ragioni pratiche, mentre usiamo le maschere di iuta solo per le sessioni fotografiche. Per il momento stiamo bene così, ma in futuro le cose potrebbero cambiare.

pic by Michela Midossi

8) Parliamo del lato grafico. Nell’EP Apoi!calypse l’artwork era a cura di Giorgio Santucci (Dylan Dog\Orfani), che ha tirato fuori proprio un bel lavoro; ne viene fuori che sicuramente l’impatto grafico è molto importante per voi. Parlatecene.

Confermiamo che per noi le grafiche per noi sono molto importanti. Giorgio Santucci è un nostro amico e concittadino, e la collaborazione con lui è stata ovviamente molto piacevole. Ha realizzato la copertina di Apoi!calypse, uscito in cassetta nel 2017 e ristampato in vinile l’anno successivo con la stessa illustrazione ma con impaginazioni differenti. Gli scaffali di molti appassionati di musica sono strapieni, e soprattutto con la concorrenza del digitale – con il quale, per inciso, non abbiamo alcun problema – è importante premiare chi decide di acquistare il supporto fisico e sostenere maggiormente la band. Anche per questo curiamo molto le confezioni dei nostri lavori, sia affidando le grafiche a bravi artisti, sia inserendo foto, testi e note all’interno.

9) Il pezzo finale del vostro precedente EP era un tributo all’arcinoto tema di Halloween del maestro Carpenter. Le soundtrack sono quindi un’altra vostra passione? Ci saranno altre aperture in questo senso nel sound dei The Unborn? Conoscete e apprezzate gli Anima Morte e il loro sound ispirato a Frizzi&Co.?

Conosciamo gli Anima Morte e abbiamo una grande passione per le colonne sonore, Fabio Frizzi incluso. Molti nostri brani contengono citazioni di colonne sonore e per il nostro prossimo lavoro abbiamo per l’appunto in mente qualcosa di molto italiano.

10) Free space.

Dopo le difficoltà dovute alla pandemia e all’ennesimo cambio di formazione, siamo di nuovo in piedi. La nuova line-up è composta da persone provenienti sia dal Viterbese che dal Grossetano: due province vicine ed estremamente periferiche, ignorate dalle proprie regioni (rispettivamente Lazio e Toscana), quindi ci capiamo anche sotto questo punto di vista. Stiamo parlando proprio in questi giorni della realizzazione di nuovi brani, che come accennavamo saranno ispirati a un certo maestro italiano dell’horror. Per ora è tutto, grazie per il vostro interessamento e – si spera – a presto!



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